giovedì 30 agosto 2012

Il calore dell’inverno



Sono esausta. Al mio fianco Duky procede a fatica affondando le energiche zampe nella neve soffice, avvolto dalla nube di vapore del suo stesso fiato. Riesco solo a pensare che devo andare avanti e trovare qualcuno, un aiuto. Ogni tanto il lupo mi rivolge uno sguardo freddo come a mettere in discussione la mia abilità di capobranco, chiede conferma che proseguire sia davvero la scelta giusta. Lo incoraggio, con un cenno del capo e un grugnito fintamente sicuro e autorevole. Da ore mi sono avventurata fra queste colline bianche senza alcun punto di riferimento, salvo una luce calda che colpisce in modo innaturale le alture come fosse un occhio di bue, un faro puntato dal fotografo per dare risalto alla loro tridimensionalità, alla loro morbida curvatura. Vedo solo all’infinito neve, macchie di abeti e la serpentina ghiacciata di un fiume che non conosco ma che sto seguendo per istinto. Come se una qualsiasi esperta di marketing nata e vissuta trentanni in città, fra auto e asfalto, potesse avere la capacità di orientarsi nella natura.
Non conosco nulla di questo territorio, immagino sia il Canada, mi ricorda fortissimamente le inquadrature di Loveroff, ma non ho certo la possibilità di pensare all’arte, le mie priorità in questo momento sono ben altre.
Vi chiederete come sono finita in questo guaio, ma fatico io stessa a capirlo. Pareva un semplice appuntamento di lavoro, con qualche sospetto che volesse trasformarsi in un incontro “di dopo lavoro”, il che stuzzicava la mia vanità, soprattutto essendo sola da un pezzo. Alla mia agenzia è arrivata la classica richiesta di un account dinamico e capace per gestire una campagna innovativa per rilanciare il turismo invernale ecosostenibile di una misconosciuta vallata del norditalia e hanno mandato me per il primo incontro e relativo sopralluogo, tanto per inquadrare il potenziale cliente e predisporre un preventivo. Immaginavo che come al solito avessero già contattato anche qualche agenzia più grande e conosciuta come la Marketshow International o la Pierremila Adv, niente di strano, tutti prima di investire fortemente vogliono confrontare le varie opzioni disponibili. Sono anni che faccio questo mestiere, sono diventata abilissima ad inquadrare il mio interlocutore e non sbaglio quasi mai, perciò dovevo capire che c’era qualcosa di strano e filarmela finchè ero in tempo.
Già soltanto raggiungere la località non è stato facile, per fortuna col navigatore non mi sono persa fra quelle stradine di montagna innevate, strette, piene di tornanti, che mi paiono tutte un po’ uguali e sono riuscita a raggiungere il piccolo centro, ringraziando le quattro ruote motrici dell’auto aziendale. Procedo lentamente cercando dove posteggiare. Un ufficio postale, chiuso, un negozio di alimentari, chiuso, una farmacia, chiusa, l’ufficio comunale con sopra la scuola e sotto l’ambulatorio medico, chiuso. Finalmente una piazzetta, mi fermo. C’è il bar, aperto e mi ci sono infilata. Buio, caldo, legno annerito dai tempi in cui si poteva fumare nei locali, forse anche dalla scarsa pulizia. Solite mensole di bicchieri, bottiglie, specchi, macchinetta del caffè, stranamente nuova, un oste con i capelli unti un po’ infastidito si alza dal tavolino in fondo in cui stava vincendo a briscola con altri tre compaesani in flanella e velluto, e si piazza dietro il bancone:
“Salve, che vuole?”
“Buongiorno anche a lei. Aspetto una persona, intanto mi prepara una cioccolata calda?”
“Mmm, bene, si sieda, gliela porto.”
“Grazie.” Che accoglienza, cominciamo bene; se gli abitanti sono tutti così non sarà facile portare turisti nella zona. Mi siedo nella panca vicino alla porta a vetri, così posso controllare. Subito eccolo, con qualcosa di misterioso e affascinante, un’aura selvaggia, nonostante l’apparenza distinta. Entra, mi individua (non ci voleva certo un investigatore, considerando che oltre a me sono presenti solo anziani del posto). Mi  saluta artigliandomi la mano con dita fortissime e un po’ pelose.
“D.ssa Ruina immagino. Buongiorno, sono Wolfgang  Winterson, mi occupo di ambiente e turismo nella provincia.” 
“Sono io, si, piacere di conoscerla assessore. Mi ha mandata la Comark.”
Ha la voce calda, solo un leggero accento tedesco, occhiali scuri e abbigliamento insolito, bizzarra pelliccia color argento da cui spunta un raffinato completo di fustagno nero di sartoria, capelli e barba incolti come ne ho visti spesso ai barboni e agli artisti. Si accomoda al mio tavolo e senza preamboli entra in argomento, mi mostra alcuni depliant, con poche frasi mi spiega il progetto poi propone un giro con la Jeep nella valle così che io mi renda conto dell’ambiente da valorizzare. L’idea di base è bellissima, scoprire l’anima selvatica di quei luoghi, far vivere al turista un’esperienza di vacanze invernali non addomesticate. Non cerca di conquistarmi, sento che mi tiene lontano. Zero empatia e zero voglia di comunicare con me. Del resto, penso, è un aspirante politico e non posso pretendere che sia gentile o interessato a qualcuno che non gli porterà voti o benefici di carriera ma semplicemente deve svolgere del lavoro. Paga la mia cioccolata e usciamo, come previsto salgo sulla sua auto e mette in moto. Affrontiamo alcune strade convenzionali, case in legno, alcune di nuova costruzione simili alle antiche, balle di fieno incellofanate perché non si bagnino. Non oso chiedergli perché non le mettono più nei fienili, probabilmente mi direbbe che li hanno ristrutturati per ricavarne alberghi e B&B.
Dopo alcuni tornanti il paesaggio cambia e la vallata risulta priva di edifici o interventi umani, è vestita solo di pini e abeti e neve, a perdita d’occhio. E in mezzo c’è il fiume, azzurro, sinuoso, vena che pulsa linfa ghiacciata che dona colore e calore al paesaggio. Freddo lo spazio in cui passiamo, al di qua del fiume, colori cangianti sulle cime che guardiamo, al di là. Un dualismo che promette bene, un creativo ci potrebbe tirar fuori cose interessanti, prendo appunti sul tablet, faccio qualche foto. Lui sempre silenzio. Lo sento aspirare l’aria. Non ha acceso il riscaldamento, mi vengono i brividi, mi stringo nel giaccone, tra un po’ glielo dico perché con quella pelliccia addosso lui non se ne accorge di certo.
Resto rapita dai profili, dai bagliori della neve che si dice candida ma in realtà cattura tutti i colori della terra e del cielo, delle piante e dell’acqua, cambiando ad ogni istante quando la luce la sfiora con angoli diversi. Guardo dal vetro questo spettacolo come una bambina ammira i piccoli mondi racchiusi nelle palline di vetro dopo averle scosse per provocare il caleidoscopio della minuscola tormenta di neve. Qui regna la pace, forse troppa, forse iperrealistica, forse quell’ansa del fiume ghiacciato non è azzurra cristallina ma rappresenta un oscuro pericolo per chi non appartiene a questo micro mondo, liquido alieno...
“Ecco - dico seccamente ai miei collaboratori mentre mi sfilo il prototipo di interfaccia neuronale blue tooth - è stato proprio questo il frame in cui lo scenarious game è andato in crash e si è generata l’immagine pixelata del lupo, con fluttuazioni illogiche o di tipo stocastico. Mi stupisco di voi.”
“Dottoressa creda, non è colpa nostra, certo è un’anomalia grave che però non si era verificata durante le migliaia di ore di test accurati, inoltre...”
“Insomma! Vi rendete conto che se l’avessimo verificata dopo il rilascio avrebbe danneggiato gravemente il database dei netgame? Dobbiamo fare più attenzione a questi problemi, rischiamo di perdere i finanziatori e la nostra fama di eccellenza. Per domani tutti i project manager a rapporto nel mio ufficio, voglio capire come prevenire questi fatti in futuro.”
“Intanto – ordino – affidate agli ingegneri un debug step by step di questo test per con raffronto con le versioni stabili precedenti, che sia pronto per domani.”
“Il sistema sta andando in overflow, dottoressa, dobbiamo interrompere l'esperimento.”
“Ok, può bastare, domattina alle otto tutti in laboratorio per fare il punto.”
Però, quel brivido non era niente male, lo spaesamento, la paure sembravano proprio vere, mentre la versione precedente è stata assai meno coinvolgente. Chissà se il pubblico preferirebbe qualche imprevisto eccitante, ad una sequenza di livelli perfettamente costruita?

(S. Dini - Il calore dell'inverno - Episodio di fantascienza su Frederick Nicholas Loveroff, ca. 1925, “Neve sulla collina”)

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